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Liberalconservatorismo - tra buona vita e vita buona
Sergio Morisoli
Il libro ha una sola pretesa: non complicare le cose complesse. È un libro populista nel senso che è scritto per il popolo. Di questi tempi, quasi tutti realizzano che qualcosa sta cambiando. Non si sa se in bene o in male. Molti iniziano ad accorgersi che le loro vite, in qualche modo, sono trasformate. Sono quelle persone che si alzano ogni mattina per lavorare, che a fatica ma con orgoglio tengono in piedi la loro famiglia, che pagano fino all’ultimo centesimo le imposte, quegli imprenditori che creano lavoro per sé e per gli altri, tutti quelli che dallo Stato non beccano (per fortuna) neanche un centesimo di sussidio e non gli chiedono nulla, rispettano le leggi, non sfilano e non hanno lobby. Sono moltissimi e dimenticati. In fondo, noi come loro, desideriamo poche cose ma essenziali: sentirci liberi, una famiglia che ci ami, un lavoro che ci paghi dignitosamente, un Dio che ci perdoni e una patria che ci protegga. Sono loro, i cittadini del ceto medio dimenticato e in crisi, i protagonisti di questo libro. A volte appaiono palesemente, ma più spesso sono nascosti tra le righe dei capitoli e ci osservano. Le cinque sezioni del libro trattano nell’ordine: dell’identità smarrita, della cultura relativista, della democrazia in affanno, dello statalismo inarrestabile e del capitalismo rinnegato. Sono cinque “piaghe” che stanno penalizzando la singola persona e disgregando il popolo, rovinandoci il benessere e la prosperità. Qui viene osata, tentata e proposta una risposta profilata e politically non correct a queste cinque sfide. Concretamente, una via che fonde il meglio del liberalismo e del conservatorismo; da qui il titolo un po’ osé: “Liberalconservatorismo tra buona vita e vita buona”.
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